"umbratile"
"Umbratile"
Era usanza negli anni sessanta ma forse anche prima, per tirar su qualche soldo extra, affittare la propria casa ai bagnanti che venivano a trascorrere le vacanze al mare
mentre noi andavamo a dormire nel garage dove si era fatto un bagno rimediato.
I meno fortunati si adattavano nel capanno.
Facevano la stagione intera, veniva giù tutta la famiglia con nonni a seguito, solo il padre a volte doveva ritornare al paese a lavorare, mica come adesso che si fatica a fare un week end.
I miei genitori avevano una merceria sul viale principale e non avevano tanto tempo per starmi dietro, così diventavo per l’estate figlio dei turisti e fratello dei loro figli, mangiavo spesso con loro e stavo al mare tutto il giorno, si sfruttava tutto il sole fino a quando c’era.
Ricordo che verso la fine della giornata lo si andava a cercare per finire i giochi di sabbia, perché quei giganti di cemento lo nascondevano.
Qualche inverno fa, mentre stavo facendo dei video sulle dune che fanno in autunno per ripararsi dalle mareggiate, mi è venuto in mente questa cosa. Ero vestito leggero e cercavo di stare il più possibile al sole, così iniziai subito quel giorno a fare qualche foto dal basso salendo sulle cabine per cercare di rendere visivo il mio pensiero.
Le prime foto le ho fatte nel 2016, un paio delle ultime ieri 2023. Non sentivo ancora di averlo finito, mi mancava una foto, mancavo io oggi, un adolescente che si sposta a cercare l’ombra per vedere lo schermo dello smartphone.
I ricordi sono nostri e quando dopo tantissimi anni, magari anche offuscati dal tempo li portiamo sulla carta, siamo ancora noi, solo un po' più vecchi e fluidi.
Ps: Accompagnato dai miei amici albergatori sul tetto degli alberghi per fare le foto, alla domanda, tu cosa vedi?
Nessuno ha notato e detto l’ombra!
Bellaria Igea Marina 2023
Silvio Canini
La bellezza non è immutabile, cambia insieme alla storia, si modifica e si espande in territori che un tempo le erano ostili. Il suo stesso concetto ha preso forme aliene che lo hanno spostato sempre più, verso l’esatto contrario e questa migrazione del bello nello sfacelo, la miseria, l’errore, la rottura, i disastri terribili, ma creativi del tempo, lo dobbiamo in gran parte alla fotografia. La fotografia per prima ha denudato l’occhio dagli abbellimenti della mano, lo ha reso impietoso, si è innamorata dei nasi mozzati delle statue, del paesaggio devastato dall’industria, dei corpi offerti alla luce, senza mistero. Le immagini fotografiche di Silvio Canini per questo suo ulteriore lavoro sul mare, da grande innamorato che continua a bagnarsi nelle acque familiari dell’adriatico, sono sognanti, sospese e carezzevoli, nella morbidezza di un bianco e nero senza contrasti taglienti. Eppure questa serie di fotografie, solcate dalle ombre, da cui prendono nome, nascono da una ferita della natura, sono generate da un abuso, da un danno. .. Le ombre che disegnano pennellate scure sulla sabbia, che delineano la spiaggia con larghe strisce intermittenti, come i tasti neri di un pianoforte, sono quelle dei grandi edifici, gli alberghi spuntati a due passi dal mare, con le loro sagome incombenti che rubano il sole e cancellano il paesaggio. La scelta di Canini per “Umbratile”, dopo essersi concentrato negli scorsi anni sugli abitanti del mare, vero bacino domestico di un’ispirazione che sembra essere illimitata, ha virato nell’astrazione e nell’assenza. L’ombra “del mostro” che distingue le sue ultime opere, senza perdere una sottintesa inquietudine, risulta così estremamente seducente e l’affinità col disegno è rimarcata da alcune inquadrature dove la sabbia chiara è il foglio e le ombre scure, sono i segni della grafite, o della china di un gigante che intinge il pennello nel mare. L’arenile è solcato da segni decisi, a volte leggeri e acquosi, da geometrie ripetute o graffi irregolari. Vi sono bande di nero che cancellano a larghi tratti il nitore intonso della spiaggia, ricavano sottili spicchi di sole, quadrati bianchi in cui la luce sopravvive, piccoli fazzoletti di resistenza. Si dice che il disegno sia nato dall’ombra, da una sagoma ricalcata sul muro su cui la luce del fuoco l’aveva proiettata, ma in questo caso l’ombra disegna qualcosa di diverso, la poesia di uno sfregio, la bellezza che nasce da una negazione e va difesa e perseguita ad ogni costo, persino nel luogo in cui era stata negata.
Sabrina Foschini